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anno 2022Cronaca e attualità

Colle di San Carlo, il sogno di viandanti stanchi

martedì 22 novembre 2022 – Comunicato stampa “Amici della Rocca” 
Domenica 6 novembre, festa del Santo, ci siamo trovati davanti a Santa Marta per salire a piedi al colle a “prendere” la messa solenne cantata, così come il popolo usava, appena qualche decennio fa, quando le macchine erano poche e la devozione maggiore.
Si voleva ripercorrere a piedi quella bella via, immersa nel silenzio e nel profumo del verde, l’unica di Arona ad offrire una continua ed ampia veduta sul lago e non solo quella schiacciata sul castello di Angera della strada dei bar e ristoranti.
Appena fuori dal centro: silenzio, natura, paesaggio, storia costituiscono un patrimonio irrinunciabile per una città che si vuole professare turistica. Altre vie, non così appaganti, altrove si sarebbero valorizzate, custodite con tutte le attenzioni e chiamate con invitanti nomi di fantasia: via dell’amore, strada del paradiso, il cammino di Carlo e Federico, ascesi del santo…
Si voleva fare un esame puntuale delle difficoltà incontrate da amanti del camminar lento: marciapiedi sconnessi o inesistenti, attraversamenti pericolosi, vegetazione debordante; ma lo stare in questi luoghi con amici, in una mattinata con sole ancora ottobrino timido e tiepido, donava gran beneficio all’animo e predisponeva a privilegiare idee nuove alle critiche già consumate da anni inutilmente. Ecco come ragionammo allora sul bello possibile.
Appena raggiunta la strada statale si incontra un terrazzo sui campi della “nautica”, quale posto migliore per un messaggio di benvenuto e la conoscenza di un poco di storia: il porto militare, la strada segreta, la rocca, le navi armate, la città murata.
Dopo poche centinaia di metri, già intrapresa la strada per il colle, si arriva in un “non luogo” a sinistra nascosta dalla vegetazione. Ecco la cava e sotto a destra, non visibile, la fornace per la calce, due testimonianze della fatica umana, che vale la pena di ricordare. Nelle ampie aree insalvatichite a gerbido c’è un angolo, due panche e si racconta, di mine, di pietre, di gran chiese e palazzi, di cavatori, di ottima calce, di possenti cavalli e vagoncini ordinati, della montagna svuotata, delle vigne perse, dell’abbandono del luogo ormai consumato nella pattumiera del tempo e del suo possibile riscatto.
Il sentiero a gradoni fra gli alberi, che segue, promette di far incontrare ben scandite dai gradini e dal lento salire le immagini delle quindici cappelle nei colori dei quadroni del Duomo, quasi a riassumere la via santa di un sacro monte promesso.
Ed ecco la prima cappella, che apre la sua austera porta, dentro in una stanza multimediale si racconta senza enfasi di Carlo, di Federico, della loro epoca storica, dello “stato borromaico”, della statua progettata dal Cerano, dell’eccellenza degli architetti e molto altro. Ah! magia dell’informatica.
Un altro centinaio di metri e siamo arrivati al piazzale e alla chiesa del Santo, giusto in tempo per la messa “granda”. Poi la solidarietà dei palloncini dei bimbi liberati in cielo come i sogni.

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