27.01.1945 - 27.01.2005
Il giorno della Memoria ad Arona
In molti luoghi delle nostre province, durante
il Giorno della Memoria, si è ricordata la mostruosa esperienza
dell'olocausto, nella ricorrenza del sessantesimo anniversario della
liberazione del campo di Auschwitz.
Il campo più famigerato, nel quale furono assassinate 1.300.000 persone,
di cui oltre 1.000.000 ebrei, fu raggiunto, nella pianura polacca, dalle
truppe sovietiche, il 27 gennaio del 1945, così come finalmente, nei mesi
del crollo nazista, stava avvenendo o sarebbe avvenuto per tutti gli altri
lager, sotto l'incalzare dei diversi eserciti alleati. In questa data,
presa a simbolo dal parlamento italiano, con l'istituzione, cinque anni or
sono, del Giorno della Memoria, ad Arona si sono commemorati anche i
caduti sul nostro territorio, con una cerimonia davanti alla lapide posta
sopra il monumento ai caduti nella piazza del municipio. Con autorità
civili, militari e religiose, sindaci di comuni limitrofi, davanti ad una
piccola folla ed a rappresentanze delle scuole elementari e medie, ma non
degli istituti superiori, il sindaco di Arona, Mario Velati, ha tenuto un
intervento che ha indirizzato proprio ai giovani e con toni anche forti,
forse più per gli assenti che per i presenti "Ai giovani dico: Attenzione!
Non cadete nel facile luogo comune di sentirvi estranei ad un tema come
quello del razzismo e dell'olocausto. Questa ricorrenza deve essere
un'opportunità per spiegare alle nuove generazioni l'importanza di
scongiurare il pericolo del ripresentarsi degli elementi culturali ed
ideologici che hanno reso possibili la guerra e l'olocausto. E' proprio
questo aspetto di educazione alla memoria che rende indispensabile qui
oggi la presenza di una rappresentanza dei nostri giovani. Non dobbiamo
cadere nell'errore di ritenere quegli avvenimenti qualcosa di estremo ed
irripetibile. Combattiamo anche i più precoci e sottili embrioni del
razzismo, dell'intolleranza, dell'ignoranza. Dobbiamo fare i conti con il
nostro passato, capire perchè, a dispetto del mito consolatorio del "buon
italiano", modalità qualunquistica di autoassoluzione, moltissimi italiani
accettarono e diedero esecuzione alle nostranissime ed orribili leggi
razziali... Bisogna avere il coraggio di confrontarsi con chi rilegge la
storia in modo troppo indulgente verso avvenimenti così drammatici".
A Verbania, davanti ad oltre 500 studenti delle scuole superiori, Becky
Behar, ebrea che ha vissuto da tredicenne l'esperienza tragica di Meina, è
stata esplicita a proposito dei giovani: "Che si sveglino, che si occupino
di politica. Il nemico oggi è il disinteresse. Non prendano tutto quello
che viene per buono. La scuola è il punto di partenza per risvegliare
l'interesse per quello che succede".
Nella
stessa mattinata, ancora ad Arona, nell'aula magna della scuola media
Giovanni XXIII, gli alunni delle classi terze si sono incontrati con due
testimoni delle persecuzioni razziali, invitate dal preside Serafino Di
Piano: Alessandra Jarach, milanese, nipote di Federico Jarach, che stava
ad Arona nel settembre del 43 e riuscì a fuggire sul lago con una barca.
Ha fatto una cronistoria delle leggi razziali e delle persecuzioni. Ha
ricordato l'operazione "Eutanasia", che dal 39 portò all'eliminazione di
disabili fisici e psichici. I lager prebellici attivi fin dal 1933 per gli
avversari politici. La sorte comune di avversari interni, ebrei, zingari,
testimoni di Geova, omosessuali, prigionieri di guerra russi. I
tradimenti. Moltissimi ebrei furono salvati da italiani, ma di quelli
catturati molti lo furono per segnalazioni di italiani. Su una comunità
italiana che assommava in tutto a 40.000 persone, 8.000 furono le vittime.
Più personale il ricordo di Nava Spizzichino, romana. Il padre, Pacifico
Spizzichino, catturato da italiani a Roma all'età di 17 anni, deportato
prima a Fossoli, Verona ed infine ad Auschwitz, fu fra i pochi a
ritornare. Nel campo ad un certo punto fu assegnato alle squadre adibite a
scaricare dai treni i corpi dei deportati che non sopravvivevano al
viaggio disumano.
Anche all'interno di molte altre scuole aronesi vi sono stati momenti di
rievocazione, di approfondimento, di letture o proiezioni di film.
Mauro Ramoni.
comunicato del
29.01.2005
Le 56 vittime ebree
sulla sponda piemontese del lago Maggiore.
Il 27 gennaio del 1945,
quando furono aperti i cancelli del campo di Auschwitz, non rimaneva quasi
nessuno da liberare, dopo anni ed anni di funzionamento della macchina
della deportazione e dello sterminio. Molte le vittime dell'olocausto
anche fra gli ebrei italiani, a partire dagli effetti delle vergognose,
italiane, leggi razziali del 38, per giungere al settembre del 43 quando,
dopo l'armistizio, le divisioni tedesche presero direttamente in mano il
nostro paese ed anche la gestione delle persecuzioni razziali e nello
stesso tempo puntellarono il nuovo regime fascista repubblichino.
Nelle nostre zone scesero dal Brennero le SS, le "squadre d'azione" della
divisione corazzata "Leibdstandarte Adolf Hitler" ed un comando di
battaglione, dal pomeriggio di domenica 12 settembre, prese sede a Baveno
agli ordini dei capitani Bremer e Schnelle.
Altre compagnie si stanziarono a Pallanza, a Intra ed a Stresa.Truppe in
buona parte rientrate dal fronte russo. A Novara, lo stesso 12 settembre,
arrivò il battaglione comandato da Rudolf Sandig, l'intero presidio
militare italiano "si arrese" e nei giorni successivi migliaia di soldati,
sui carri bestiame, partirono per i lager della Germania, nei quali
sarebbero rimasti per quasi due anni.
Complessivamente furono oltre 600.000 i soldati italiani internati in
Germania. Sulla sponda del nostro lago, benchè appena giunti in un nuovo
territorio da mettere sotto controllo, è stupefacente considerare quali
furono per i tedeschi le ossessive priorità da intraprendere. Come prima
cosa, già la mattina successiva di lunedì 13 settembre, partirono i primi
rastrellamenti di ebrei a Baveno e le fucilazioni. Il lago era affollato
di profughi ebrei e non ebrei, italiani e stranieri, fuggiti dalle città
bombardate dell'Italia settentrionale, talvolta anche per avvicinarsi al
possibile rifugio della Svizzera.
Dal 16 al 22 settembre furono uccisi ad Arona Irma Finzi in Cantoni con il
figlio Vittorio Angelo Cantoni Mamiani Della Rovere, Margherita Coen in
Penco, Daniele Modiano, Clara Rakosi con il figlio Tiberio, Giacomo Elia
Modiano con la moglie Maria, il fratello Carlo Elia Modiano e la sorella
Grazia Modiano. Il commando agli ordini del capitano delle SS Hans Walter
Kruger si presentò all'Albergo Sempione e vi prelevò la famiglia Modiano,
caricando tutti su un automezzo cellulare colorato di rosso e di giallo.
Lo stesso fece con la famiglia Rakosi, quindi andò a casa Penco e prelevò
la moglie signora Margherita sotto gli occhi del marito e della
figlioletta quattordicenne. Questa ragazzina, la nostra concittadina
Eugenia Penco, recentemente scomparsa, così testimoniava "Ricordo che mia
madre, quando l'hanno portata via, aveva solo un golfino e un fazzoletto.
La vedo ancora allontanarsi,
pallidissima, minuscola, tra quegli uomini giganteschi". Da villa Cantoni
fu prelevato il conte Vittorio Cantoni. La moglie Teresa Gattico in
Cantoni: "Era in canottiera. Lo vidi per l'ultima volta, quella stessa
notte, alla periferia di Arona, sotto il ponte di ferro. Era seduto su una
camionetta ed accanto a lui si trovava la signora Penco, Margherita Coen
in Penco".
Altri pochi riuscirono a sottrarsi alla cattura. Fra questi Sem Benelli e
la moglie, la famiglia Veneziani, Bruno Stern ed il commediografo Sabatino
Lopez, il cui figlio pochi anni or sono portò la sua testimonianza alla
commemorazione davanti al municipio di Arona. Federico Jarach ed i suoi
familiari fuggirono di casa pochi minuti prima dell'irruzione e si misero
in salvo su di una barca, con la quale attraversarono il lago dirigendosi
verso Angera.
In pochissime settimane dopo l'8 settembre furono 56 gli ebrei vittime
delle truppe tedesche, non senza delazioni e liste uscite da cassetti
nostrani. Le liste infatti furono compilate nel 40, quando Mussolini, dopo
le leggi razziali, volle che si eseguisse il censimento mirato degli ebrei
italiani (erano circa 40.000). 40.000 pericolosi nemici dai neonati agli
ottuagenari.
A Meina la prima grande strage di ebrei in Italia e la seconda per numero
di vittime, dopo quelle delle Fosse Ardeatine. I tedeschi uccisero 16
ebrei imprigionati all'Hotel Meina con un colpo alla nuca e ne gettarono i
corpi nel lago. Tra questi un'intera famiglia di profughi: la madre, il
padre, il nonno settantaseienne ed i figli di 15, 12 e 8 anni. Gli altri
morti ad Arona, Stresa, Baveno, Mergozzo, Orta, Pian Nava, Intra, Novara.
Ad Intra, il mattino dell'11 ottobre, nella cantina di una scuola
elementare femminile, i nazisti massacrarono la famiglia Ovazza, padre,
madre e due figli. I corpi furono fatti a pezzi e bruciati nella caldaia
della scuola. Secondo le testimonianze, l'odore della carne carbonizzata
saturò l'aria per giorni e giorni. Ettore Ovazza, patriota fervente,
veterano della prima guerra mondiale, era stato squadrista e partecipante
alla marcia su Roma.
A Norimberga alcuni dei massimi capi del nazismo furono condannati. Di
tutti i comandanti SS responsabili in Italia di rappresaglie, fucilazioni,
deportazioni, stragi, solo una piccola parte finì sotto processo.
Per i fatti di Meina fu faticosamente aperto un processo a Osnabruck il 9
gennaio del 1968, venticinque anni dopo i fatti. La sentenza fu di
ergastolo per i tre ufficiali Hans Rohwer, Hanz Kruger e Herbert Schnelle
e di dieci anni per due altri imputati. La Corte d'Assise confermò tre
ergastoli e due condanne a tre anni. Un anno e quattro mesi più tardi, il
2 aprile 1970, la Corte di Appello di Berlino annullò la sentenza con
questa semplice motivazione "I reati devono considerarsi prescritti". I
tre ergastolani uscirono subito dal carcere.
Rohwer tornò nella sua azienda commerciale; Kruger riprese a fare l'agente
pubblicitario; Schnelle fu subito riassunto, come tecnico, nella sua
vecchia ditta di ricerche industriali.
Mauro Ramoni
testi:
"L'olocausto in Italia" di Susan Zuccotti. Mondadori.
"Hotel Meina. La prima strage di ebrei in Italia" di Marco Nozza.
Mondadori.
"Lago Maggiore settembre 1943" Ed. Società storica novarese.
29.01.2005
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